1.b. Cenni di fisiologia della visione

il paragrafo sintetizza parte della tesi di laurea in ingegneria dell'informazione "Geometria della visione, problematiche di ripresa e visualizzazione di sequenze stereoscopiche", svolta da Giuseppe Colace presso il Centro Ricerche Rai. Relatore ing. Gianfranco Barbieri, co-relatore ing. Mario Muratori.

I nostri occhi sonò composti da un bulbo e da alcuni annessi come i muscoli estrinseci, che servono per effettuare la rotazione del bulbo stesso all’interno della sua sede, le ghiandole, le vie lacrimali e le palpebre, che servono per la lubrificazione della sclera.
Il bulbo, di forma grossolanamente sferica, è costituito da tre pareti chiamate tonache che, procedendo dall’esterno verso l’interno, sono la sclera, la coroide e la retina; quest’ultima ospita i recettori della luce.
L’immagine è focalizzata e impressa sulla retina dal sistema di “lenti” composto dai mezzi diottrici -dall’esterno verso l’interno: la cornea, l’umor acqueo, il cristallino ed il corpo vitreo (di questi solo il cristallino ha la possibilità di deformarsi, su sollecitazione dei muscoli intrinseci, per ottenere l’esatta focalizzazione dell’immagine sulla retina). L’iride è un diaframma che possiede nella sua parte centrale la pupilla elemento dell’organo con calibro variabile. In questo modo l’iride regola, in seguito ad un riflesso detto fotomotore, l’intensità di luce che raggiunge la retina entro limiti ottimali (un po’ come nell’occlusore di una macchina fotografica. I fotorecettori della retina, che si differenziano in coni e bastoncelli, raccolgono lo stimolo luminoso e lo trasformano in eccitazione nervosa tramite reazioni biochimiche. Questo stimolo viene poi convogliato, tramite il nervo ottico, ai centri corticali, deputati alla visione, presenti nel cervello.
Sezione dell'occhio

Nonostante l’uomo possieda due occhi, non vede doppio grazie al processo di fusione (sensoriale). Tale processo permette il riconoscimento degli oggetti osservati ed è quindi fondamentale per l’apprendimento e, conseguentemente, per la conoscenza. L’immagine di ogni punto visibile costituente un oggetto osservato, chiamato punto oggetto, viene proiettata sulla retina in una coppia di punti, uno per ciascun occhio, chiamati punti retinici. Quando si fissa su un oggetto, gli assi ottici oculari convergono, intersecandosi in un particolare punto chiamato di fissazione. La sua immagine proiettata sulle retine, in particolare sulle fovee, si forma su una coppia di punti retinici, uno per ciascun occhio, dai quali originano stimoli nervosi che il sistema della visione “fonde” in un singolo punto. Per questo motivo tali punti retinici sono chiamati corrispondenti; non sono simmetrici da un punto di vista anatomico, ma risultano funzionalmente accoppiati a causa del fenomeno della fusione sensoriale. Per ogni punto di fissazione esiste una curva, chiamata oroptero (dal greco oros, limite e opter, osservatore), composta da tutti i punti dello spazio reale per i quali si verifica la fusione. Ciò si ottiene poiché le loro immagini proiettate sulle retine si formano su coppie di punti retinici corrispondenti, uno per ciascuna retina. In altre parole, tutti i punti dello spazio reale giacenti sull’oroptero vengono percepiti come punti singoli.
Siccome per riconoscere gli oggetti osservati è necessario che questi siano percepiti come unici, la corteccia celebrale continuamente governa la direzione di osservazione tramite i movimenti degli occhi, affinché le immagini cadano su punti retinici corrispondenti.
La fusione non avviene solamente per i punti giacenti sull’oroptero, ma anche per quelli che si trovano in una ristretta zona, chiamata area di Panum, che si estende sia davanti che dietro di esso, e che ha una forma simile a quella illustrata in figura.
I centri preposti alla visione, analizzando le disparità retiniche tra le sue immagini sulle retine, e quelle relative al punto di fissazione.
I punti oggetto che si trovano al di fuori dell’area di Panum vengono visti come doppi, fenomeno chiamato diplopia. Le immagini di tali punti oggetto si formano su punti retinici che, non essendo accoppiati, si chiamano disparati e non portano alla fusione. Per renderci conto di questo fenomeno possiamo effettuare un semplice esperimento illustrato in figura: mettiamo davanti ai nostri occhi ad una distanza di circa 20 cm. l’indice della mano sinistra. Se a questo punto noi lo fissiamo lo vedremo singolo; se frapponiamo tra il nostro volto e il dito l’indice della mano destra noi vedremo quest’ultimo come doppio (diplopia crociata) ed identica sensazione avremo se lo posizioneremo tra l’indice della mano sinistra e l’infinito (diplopia omonima). Cambiando punto di fissazione la diplopia si verifica per altri oggetti, quindi, ponendo l’attenzione all’indice della mano destra (senza spostarla), vedremo doppio il dito della mano sinistra. Se un oggetto percepito come doppio è posto tra gli occhi e l’oroptero parleremo di disparità crociata mentre se è posto tra l’oroptero e l’infinito parleremo di disparità omonima. Abitualmente non ci accorgiamo della diplopia cosiddetta fisiologica poiché la nostra attenzione è focalizzata sull’oggetto che stiamo osservando e quindi il nostro cervello trascura le immagini doppie.
Esperimento per riprodurre l’effetto della “diplopia”